Dal greco ἄπτερος, composto di ἀ- privativo e πτερόν «ala», ovvero “senza ali” (spesso inteso come “non volante”).
Durante il loro percorso evolutivo, molti uccelli hanno perso la capacità di volare. Ma l’evoluzione è un processo di miglioramento, e proprio come i numerosi uccelli volanti conosciuti solo tramite resti fossili, anche molte specie incapaci di volare si estinsero quando le circostanze che favorirono l’incapacità al volo cambiarono: erano svantaggiati e non potevano più competere per la sopravvivenza. Circa duemila anni fa esistevano moltissime specie di uccelli inabili al volo, come gli enormi uccelli elefante del Madagascar,
i possenti moa neozelandesi (gli unici uccelli conosciuti ad essere totalmente sprovvisti di ali),
grandi uccelli simili a pinguini come l’alca impenne, che vissero nel nord Atlantico.
O, ancora, il Dodo del Madagascar.
La maggior parte di questi uccelli aveva perso la capacità di volare da molto tempo, segno che il loro stile di vita a terra fu un successo. Altri, soprattutto quelli che hanno perso la capacità di volare più recentemente, si sono stabiliti su remote isole oceaniche, dove per varie ragioni non hanno più avuto bisogno di volare.
L’assenza del volo è principalmente una condizione degli uccelli immaturi, bloccati “a terra” fino a quando le penne delle loro ali non sono cresciute del tutto.
Ma l’essere bloccati a terra per tutta la vita è una condizione molto più rara negli uccelli, ed è riscontrabile soltanto in 66 specie su circa 10.000, ovvero circa lo 0,6%. Tuttavia succede anche in modo innaturale, come effetto collaterale della selezione artificiale protrattasi per millenni. Gli uccelli d’allevamento, come polli, tacchini, oche, anatre e quaglie da carne, vengono cresciuti in condizioni totalmente inadatte per lo sviluppo delle capacità di volo, e inoltre anche la selezione genetica solitamente penalizza la capacità di volare in favore di uno sviluppo enorme del petto e delle cosce.
Ma la capacità di volare in realtà dipende più dalla qualità dei muscoli delle ali di un uccello che dalle dimensioni delle ali stesse. I muscoli principali necessari per il volo sono i pettorali e come tutti i muscoli devono essere usati regolarmente per mantenere le loro dimensioni e il tono o si deteriorano rapidamente. Non solo gli uccelli d’allevamento non imparano mai a volare per mancanza di spazio o necessità, ma i loro petti enormi non sono nemmeno costituiti dalle fibre muscolari adatte. Infatti, ad esempio, la carne del petto di un tacchino d’allevamento è molto chiara, mentre quella dei tacchini selvatici è più scura. La mioglobina, proteina responsabile dell’ossigenazione delle cellule muscolari, è infatti di colore rosso scuro. I muscoli chiari indicano una scarsa ossigenazione e quindi delle pessime performance di volo, perché per volare i muscoli necessitano di una grande quantità di ossigeno e quindi di mioglobina. Il volo, si sa, è un’attività estremamente dispendiosa energeticamente, ed è per questo che il limite di peso attuale per un uccello volante si attesta attorno ai 20-22kg.
VOLO vs ATTERISMO: PRO E CONTRO
Il volo ha dato agli uccelli molti vantaggi rispetto ai mammiferi terrestri e ai rettili. Possono sfuggire rapidamente da una potenziale minaccia, possono nidificare in luoghi inaccessibili alla maggior parte dei predatori e possono volare per lunghe distanze in cerca di loro simili, cibo, acqua, o un clima migliore. Volare sembra un così grande vantaggio che pare inconcepibile che un uccello possa perdere questa capacità, soprattutto quando i vantaggi della mancanza del volo sono, in confronto, piuttosto marginali. Qualche vantaggio però c’è. Uno di questi è la capacità di crescere molto, perché le restrizioni che il volo impone alle dimensioni non si applicano più. E’ il caso dei ratiti, che possono superare i 150kg di peso (come lo struzzo). Sono uccelli in grado di correre molto velocemente e di sferrare potenti attacchi con le loro zampe in caso di minaccia.
Le maggiori dimensioni sono un vantaggio anche in un ambiente freddo, in quanto ciò riduce lo scambio di calore con l’ambiente, e i pinguini ne sono la prova (arrivano anche a 40kg). I pinguini sono molto impacciati sulla terraferma, ma in mare sono dei nuotatori eccezionali.
Attualmente esistono 26 specie attere che hanno trovato queste alternative al volo, ovvero:
Gli struzzi (2 specie);
I Rhea (2 specie);
L’emù (1 specie);
I casuari (3 specie);
I pinguini (18 specie);
Tuttavia, più della metà di tutte le specie attere al mondo sembra non abbiano sfruttato questi potenziali vantaggi evolutivi alternativi al volo, ovvero dimensioni, forza fisica e abilità acquatiche. Hanno semplicemente perso la capacità di volare! Perché mai avrebbero dovuto?
L’ATTERISMO INSULARE
Tutti gli uccelli atteri che non hanno sfruttato altri vantaggi evolutivi sono endemici di isole relativamente piccole o comunque di luoghi estremamente isolati, come alcuni laghi andini d’alta quota. Questi luoghi isolati e inaccessibili sono sempre caratterizzati dalla totale assenza di predatori terrestri di dimensioni significative. Inoltre, in posti del genere di solito le risorse alimentari sono limitate ma costanti per tutto l’anno, e questo è un altro fattore chiave per l’atterismo perché qui entra in gioco il caro buon vecchio Darwin. Siccome mantenere la muscolatura alare e far crescere le grosse penne remiganti è molto impegnativo e richiede un apporto calorico e proteico importante, lentamente la selezione naturale ha fatto il suo corso, favorendo gli esemplari che avevano muscoli più piccoli e quindi un fabbisogno alimentare inferiore. Esattamente l’opposto di quello che accadrebbe in un habitat con molti predatori terresti e molto cibo a disposizione. Ed è impressionante la velocità con cui questo processo può avvenire. Da studi fossili, infatti, si pensa che una specie possa perdere la capacità di volare in meno di 100.000 anni, se messa nelle opportune condizioni ambientali.
Ecco le famiglie di uccelli (in totale 40 specie) che presentano atterismo insulare:
I Kiwi (5 specie);
Gli svassi atteri (2 specie);
Il Cormorano delle Galapagos (1 specie);
Le anatre attere (5 specie);
I ralli atteri (25 specie);
Il Kagu (1 specie);
Il Kakapo, l’unico pappagallo attero al mondo (1 specie);
E queste sono quelle rimaste, un tempo erano molte di più. Ma come le estinzioni naturali, che accaddero nel corso dei milioni di anni, anche gli uccelli atteri di oggi sono stati fortemente messi in pericolo da diversi fattori: la caccia intensiva, la distruzione dell’habitat e l’introduzione di predatori alieni contro i quali sono del tutto indifesi. Decine di specie attere sono state sterminate negli ultimi millenni e il futuro di molte altre è ora in dubbio. Molti di questi uccelli anomali, che “decisero” molto tempo fa di smettere di volare, ora, in un mondo profondamente alterato dall’umanità, si trovano purtroppo in netto svantaggio. I moa neozelandesi e il dodo malgascio, ad esempio, sono stati sterminati nel giro di 2-3 secoli. Fonte
4 pensieri riguardo “Cos’è l’atterismo”