L’ibis sacro africano: una specie invasiva

L’ibis sacro africano (Threskiornis aethiopicus) è una specie di ibis appartenente alla famiglia Threskiornithidae. È originario dell’Africa subsahariana, in Iraq e anticamente in Egitto, paese in cui adesso è praticamente estinto, dove era venerato come simbolo del dio Thot. Fonte

Si è naturalizzato in diversi paesi europei (aree gialle della mappa sotto). In Italia si incontra in vicinanza dei laghi o fiumi, come lungo il Mincio, nel territorio del Polesine, nel delta del Po, nelle campagne tra Novara e Vercelli (io li vedo molto spesso perché lavoro nel novarese). La specie è in rapida espansione, perché a quanto pare si è ambientata benissimo al nuovo clima e alla nuova alimentazione, e viene considerata una “specie esotica invasiva“. Fonte

Le popolazioni selvatiche in Italia potrebbero essere stata introdotte dallo zoo Le Cornelle che, all’inizio degli anni ’80, possedeva una colonia libera, o forse sono gli stessi esemplari provenienti dalla Bretagna, sebbene ciò non sia chiaro. La prima coppia venne avvistata nidificare nella vicina aironeria di Oldenico, nel Parco naturale delle Lame del Sesia a Novara, nell’Italia nordoccidentale, nel 1989. Nel 1998 venne avvistata una colonia composta da 9 coppie e 48 uccelli. Nel 2000 questa colonia aumentò a 24-26 coppie, arrivando nel 2003 a contare 25-30 coppie riproduttive. Una seconda colonia è apparsa nel 2004 vicino a Casalbeltrame. Questi uccelli si nutrono principalmente nelle risaie della zona, ma migrano anche altrove durante l’estate, aumentando di numero in inverno. Nel 2008, il numero di ibis sacri riproduttivi in Italia è stato stimato a 80-100 coppie con almeno 300 uccelli totali. Nello stesso anno tre coppie furono osservate appollaiarsi presso un’aironeria di Casaleggio. Nel 2009, si diceva che l’animale fosse diventato uno degli animali più caratteristici della risicoltura novarese e vercellese. Nel 2010 venne segnalato che la specie tentava di riprodursi nel Delta del Po. Entro il 2014 sono state raccolte varie segnalazioni di siti di nidificazione in varie zone dalla Pianura Padana fino alla Toscana. Al di fuori della Regione Piemonte si segnalano casi di possibili siti di nidificazione in Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia. Inoltre numerosi avvistamenti sono stati fatti presso il Parco Agricolo Sud Milano, nel Parmense (per esempio nell’Oasi LIPU di Torrile), presso Vercelli, la Garzaia di Celpenchio, in provincia di Pavia, nel Parco Regionale Veneto del Delta del Po e in località Volania presso Comacchio), in Toscana presso il Padule di Fucecchio dove numerosi esemplari frequentano il Cremasco. Vi sono stati avvistamenti anche nella ridente cittadina di San Cesareo, alle porte di Roma, dove gli uccelli in gran numero hanno affollato la piazza cittadina destando curiosità dei passanti. Nel febbraio 2019, un gruppo di cinque individui è stato avvistato a Meolo, in provincia di Venezia, nei pressi di un casello autostradale di A4. Recenti avvistamenti di decine di esemplari sono state riscontrate anche nelle ex risaie tra Novella e la frazione di San Bernardino, in provincia di Reggio Emilia. Finora non sembrano esserci sforzi coordinati di controllo della popolazione in Italia.

Questo uccello, anche se magnifico, risulta però nocivo per l’avifauna autoctona, vista la sua propensione a nutrirsi di uova e pulcini di altre specie.

Non è la prima volta che un parco faunistico o un’oasi ornitologica causano questo danno ecologico a causa degli uccelli che sfuggono e si ambientano perfettamente ai nuovi territori. E’ il caso dell’Oasi di Sant’Alessio vicino a Pavia, che sta facendo un disastro con tutti i pappagalli che ha liberato nel Parco del Ticino, che ora stanno iniziando a diventare invasivi. La regione e la forestale dovrebbero prendere seri provvedimenti a riguardo, con perlomeno multe salate, ma non sono molto sicuro che ciò stia succedendo…

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