La ghiandola uropigiale è una ghiandola sebacea bilobata posseduta dalla maggior parte degli uccelli. Si trova dorsalmente alla base della coda (tra la quarta vertebra caudale e il pigostilo) ed è molto variabile sia nella forma che nelle dimensioni. La secrezione ghiandolare viene convogliata in superficie tramite condotti che, nella maggior parte delle specie, si aprono nella parte superiore di una papilla, simile ad un capezzolo.
La ghiandola uropigiale secerne un olio che contiene una miscela complessa e variabile di sostanze formate in gran parte da cere formate da acidi grassi alifatici. La secrezione ghiandolare di alcuni uccelli, ma non tutti, ha dimostrato di essere antimicrobica. Alcuni uccelli ospitano batteri nella loro ghiandola, che fino ad oggi sono stati isolati esclusivamente dalle ghiandole uropigiali degli uccelli (ad esempio l’Enterococcus phoeniculicola e il Corynebacterium uropygiale). Alcuni di questi batteri si aggiungono alle proprietà antimicrobiche della cera uropigiale.
Gli uccelli trasferiscono l’olio al loro corpo strofinando prima il becco e la testa contro l’apertura della ghiandola e quindi applicando l’olio accumulato sulle piume del corpo e delle ali e sulla pelle dei piedi e delle gambe. Alcuni uccelli, come i pappagalli, usano le zampe per trasferirsi la cera alle piume della testa. L’olio uropigiale ha una funzione fondamentale nel mantenimento della flessibilità e dell’integrità strutturale delle penne perché, senza questo trattamento quotidiano, perderebbero parte della loro funzionalità.
La ghiandola uropigiale è fortemente sviluppata in molti uccelli acquatici, come anatre, procellarie, pellicani falco pescatore e nell’uccello oleario. Fonte Un’anatra è così ben impermeabilizzata che, anche se si immerge completamente, il suo piumaggio, il piumino e la pelle sottostante rimangono perfettamente asciutti. Vi sfido a trovare un materiale sintetico così traspirante e impermeabile allo stesso tempo.
Infine, sembra che le sostanze sebacee presenti nella ghiandola uropigiale abbiano anche un ruolo fondamentale nella sintesi della vitamina D3 ad opera dei raggi UV-B solari, esattamente come per noi umani. Ma gli uccelli hanno dovuto trovare una strategia evolutiva originale per fare in modo di ottenere questa vitamina tramite l’azione del sole anche se la loro pelle è per il 95% ricoperta da penne e piume, che non lasciano filtrare la luce. La teoria più accreditata è la seguente: con il becco gli uccelli si cospargono le piume e le penne con le sostanze sebacee della ghiandola uropigiale, sostanze che contengono i precursori della vitamina D3. Le piume e le penne sono ovviamente esposte alla luce solare, ed è proprio qui che i raggi del sole convertono queste sostanze in vitamina D3. Spesso gli uccelli fanno dei veri e propri “bagni di sole”, a volte in posizioni assurde! (i bagni di sole servono anche contro i parassiti).
Quindi gli uccelli si sistemano le penne con il becco e raccolgono così la vitamina D3, fondamentale per la loro sopravvivenza. C’è da dire che gli uccelli spesso sollevano le piume del dorso per esporre al sole direttamente la ghiandola alla base della coda. Come per noi umani, anche per gli uccelli la vitamina D3 è, tra le altre cose, necessaria per il fissaggio del calcio nelle ossa. Per le femmine in deposizione è poi ancora più importante, dal momento che il guscio delle uova è fatto di carbonato di calcio, e senza vitamina D3 gli uccelli hanno gravi scompensi e possono anche morire Fonte (purtroppo l’ho vissuto in prima persona…). Quindi è fondamentale fornire integratori di vitamina D3 agli uccelli in cattività che non hanno accesso alla luce solare diretta e senza vetri in mezzo (bloccano gli UV). Oppure esistono delle apposite lampade UV-B, che di solito vengono usate per i rettili, ma che vanno bene anche per gli uccelli.