Gli uccelli migratori in effetti stanno modificando i loro comportamenti in reazione ai cambiamenti climatici arrivando nei luoghi deputati alla riproduzione in anticipo. Lo rivela uno studio condotto dall’Università di Edinburgo, che ha passato al setaccio centinaia di specie dei 5 continenti. Il risultato è che, in media, questi uccelli raggiungono i loro habitat estivi un giorno prima del normale per ogni grado in più della temperatura media superficiale.
Può sembrare un’inezia, un particolare di poco conto. E invece anche una variazione così piccola può avere ripercussioni importanti sulla vita e la capacità riproduttiva di centinaia di specie di volatili. Se gli uccelli migratori arrivano a destinazione nel momento sbagliato, anche soltanto di pochi giorni – spiegano i ricercatori di Edinburgo – possono essere svantaggiati nella ricerca di cibo e di un sito di nidificazione. Di conseguenza, viene influenzato anche il momento della schiusa delle uova e le possibilità di sopravvivenza dei pulli.
Tra tutte quelle osservate, sono le specie che migrano lungo le distanze maggiori che rischiano di patire di più dagli effetti dei cambiamenti climatici. Gli scienziati dell’università scozzese hanno osservato che questi animali tendono ad avere una risposta meno pronta degli altri, ovvero modificano i loro comportamenti con lentezza all’aumentare della temperatura. Per questo motivo tendono ad arrivare più in ritardo rispetto ad altri volatili e quindi ad avere meno risorse a disposizione delle altre specie. Tra questi animali a rischio figurano anche la comunissima rondine e la balia nera.
I ricercatori di Edinburgo hanno esaminato qualsiasi traccia e nota relativa alle migrazioni degli uccelli che sono riusciti a trovare, risalendo indietro nel tempo anche di 300 anni: si sono basati sugli appunti di altri scienziati, ma anche osservatori amatoriali, incluse le osservazioni del celebre naturalista americano Henry David Thoreau. Gli sforzi della ricerca, pubblicata sul Journal of Animal Ecology, sono tutti diretti al futuro: “Queste indicazioni ci potrebbero aiutare a prevedere quanto gli uccelli migratori si riescono ad adattare ai cambiamenti climatici”, spiega il ricercatore Takuji Usui. Fonte
Ma non è finita qui.
Negli ultimi 40 anni, gli uccelli migratori nordamericani sono diventati più piccoli e le loro ali sono diventate un po’ più lunghe ed entrambi questi cambiamenti sembrano rispondere al riscaldamento globale. Si tratta dei primi risultati dello studio “Shared morphological consequences of global warming in North American migratory birds”, pubblicato su Ecology letters da un team di ricercatori dell’università del Michigan e della Gantz Family Collection Center – The Field Museum, che ha analizzato un dataset di 70.716 uccelli migratori nordamericani appartenenti a 52 specie, trovati morti a Chicago a causa di collisioni con gli edifici durante le migrazioni primaverili e autunnali. Per ciascuna specie sono state eseguite più misurazioni su ogni esemplare.
Grazie all’enorme mole di dati molto dettagliati si dimensioni e forma del corpo ricavata da queste analisi, il team di biologi statunitensi ha scoperto che “Dal 1978 al 2016, la dimensione corporea è diminuita in tutte le 52 specie, con cali statisticamente significativi in 49 specie. Nello stesso periodo, la lunghezza delle ali è aumentata significativamente in 40 specie“.
Il principale autore dello studio Brian Weeks, della School for environment and sustainability dell’università del Michigan, sottolinea: “Sulla base di studi precedenti, avevamo buone ragioni per aspettarci che l’aumento delle temperature avrebbe portato a riduzioni delle dimensioni corporee. La cosa scioccante è stata la sua coerenza. Sono stato incredibilmente sorpreso dal fatto che tutte queste specie stiano rispondendo in modo simile. Il nuovo studio è la più grande analisi basata su campioni delle risposte delle dimensioni corporee al recente riscaldamento globale e mostra le risposte su vasta scala più coerenti per un diverso gruppo di uccelli“.
Secondo i ricercatori, “Diverse linee di evidenza suggeriscono una relazione causale tra le il riscaldamento delle temperature e il calo osservato delle dimensioni del corpo dell’avifauna. L’evidenza più forte è che, inserita nelle tendenze a lungo termine del calo delle dimensioni corporee e dell’aumento della temperatura, vi sono numerose fluttuazioni a breve termine delle dimensioni corporee e della temperatura che sembrano essere sincronizzate“.
Weeks aggiunge: “I periodi di riscaldamento rapido sono seguiti da vicino da periodi di calo delle dimensioni corporee e viceversa. Per quanto ne so, essere stati in grado di mostrare quel tipo di dettagli in uno studio morfologico è qualcosa di unico per il nostro studio ed è interamente dovuto alla qualità del dataset prodotto da David Willard. E’ stato davvero uno sforzo erculeo quello fatto da Dave e da altri al Field Museum, inclusa la coautrice Mary Hennen, per ottenere dati così preziosi dai uccelli che altrimenti sarebbero stati gettati via i dopo la loro morte a causa di collisioni“.
Nelle specie animali gli individui tendono ad essere più piccoli nelle parti più calde del loro areale, un modello noto come regola di Bergmann, e mentre da decenni si ipotizzava la possibilità che le dimensioni corporee si riducessero in risposta al global warming in corso, le prove a sostegno di questa idee restavano contrastanti.
L’incertezza è probabilmente dovuta, in parte, alla scarsità di dataset come quello del Field Museum.
Per ogni uccello, Willard – che lavora per il Gantz Family Collection Center – ha misurato la lunghezza del tarso, un osso della parte inferiore della gamba, del becco, dell’ala e la massa corporea. Negli uccelli, la lunghezza del tarso è considerata la singola misura più precisa della variazione della dimensione corporea di una specie.
L’analisi dei dati ha rivelato che: “Tre misure delle dimensioni corporee – lunghezza del tarso, massa corporea e PC1, una misura comune della dimensione corporea complessiva che combina diverse misurazioni chiave delle parti del corpo – hanno mostrato una riduzione statisticamente significativa. La lunghezza del tarso è diminuita del 2,4% tra le specie; La lunghezza dell’ala ha mostrato un aumento medio dell’1,3%. Anche le specie con il più rapido declino della lunghezza del tarso hanno mostrato i guadagni più rapidi nella lunghezza dell’ala. La temperatura media estiva era significativamente associata alle dimensioni corporee degli uccelli, il che significa che le dimensioni corporee diminuivano significativamente con il riscaldamento delle temperature. Nel corso dello studio, le temperature nei siti riproduttivi estivi degli uccelli a nord di Chicago sono aumentate di circa 1 grado Celsius (1,8 gradi Fahrenheit)“.
Spesso, gli studi sulla risposta delle piante e degli animali ai cambiamenti climatici si concentrano sui cambiamenti nell’areale geografico di una specie o sulla tempistica di eventi come la fioritura primaverile e la migrazione. Secondo Weeks, “La coerenza delle riduzioni delle dimensioni corporee riportate nel nuovo studio suggerisce che tali cambiamenti dovrebbero essere aggiunti all’elenco delle sfide che la fauna selvatica deve affrontare in un mondo in rapido riscaldamento. E’ chiaro che esiste una terza componente – i cambiamenti nelle dimensioni e nella forma del corpo – che probabilmente interagirà con i cambiamenti nell’areale e nei cambiamenti delle tempistiche, per determinare il grado di ‘efficacia di una specie nel rispondere ai cambiamenti climatici“.
Le migrazioni degli uccelli sulle lunghe distanze sono una delle imprese più impressionanti del regno animale e le richieste energetiche estreme per volare per migliaia di chilometri hanno modellato la morfologia del fisico degli uccelli migratori per garantire loro un volo efficiente.
Gli autori dello studio suggeriscono che “Le riduzioni delle dimensioni del corpo sono una risposta al riscaldamento climatico e che un aumento della lunghezza delle ali può aiutare a compensare le perdite di massa corporea” e hanno in programma di testare quest’ipotesi in con un nuovo progetto che utilizzerà nuovamente il dataset del Field Museum. Inoltre, esamineranno ulteriormente il meccanismo alla base delle variazioni delle dimensioni e della forma del corpo e se siano il risultato di un processo chiamato plasticità dello sviluppo: la capacità di un individuo di modificare il suo sviluppo in risposta alle mutevoli condizioni ambientali.
L’avifauna analizzata dallo studio è costituita da piccoli uccelli canori che si riproducono a nord di Chicago in estate e migrano in gran numero attraverso il nord America. La maggior parte del dataset è costituito da diverse specie di passeri, cince e tordi, con migliaia di individui di ogni specie per i quali è stata documentata una collisione letale con gli edifici.
I cambiamenti osservati nelle dimensioni e nella forma del corpo dell’avifauna sono quasi impercettibili – al massimo una differenza di un paio di grammi nella massa corporea e pochi millimetri di lunghezza dell’ala – e non sono rilevabili ad occhio nudo. Gli autori dello studio fanno notare che “Il dataset sulle collisioni degli uccelli del Field Museum evidenzia il valore delle raccolte di campioni nei musei di storia naturale, che aiutano gli scienziati a capire come la natura cambia nel tempo“.
Willard conclude: “Quando abbiamo iniziato a raccogliere i dati analizzati in questo studio, ci siamo posti alcune semplici domande sulle variazioni di uccelli da un anno all’altro e da una stagione all’altra. La frase “cambiamento climatico” come fenomeno moderno era appena comparsa all’orizzonte. I risultati di questo studio evidenziano quanto siano importanti dataset a lungo termine per identificare e analizzare le tendenze causate dai cambiamenti nel nostro ambiente“. Fonte
Purtroppo, solo le specie che saranno in grado di stare al passo con le alterazioni che noi umani apportiamo all’ambiente riusciranno a sopravvivere, tutte le altre si estingueranno. A meno che non iniziamo a prendere una strada diversa e più rispettosa del pianeta che ci da la vita.
Bell’articolo. Però non e chiaro quali vantaggi, se ce ne sono, portino la riduzione del peso e l’aumento della lunghezza delle ali.
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Nell’articolo è citata la regola di Bergmann, una regola empirica che dimostra che per la maggior parte delle specie animali, più si va a latitudini fredde e più le dimensioni corporee medie aumentano, per disperdere meno calore. Quindi se la temperatura media globale aumenta, le dimensioni corporee medie diminuiscono per disperdere più calore. La maggiore lunghezza delle ali sembra invece essere in relazione alla maggior distanza che gli uccelli devono coprire in volo per ritrovare di nuovo il loro luogo di nidificazione adatto, che si è spostato a causa del riscaldamento globale, ma su questo punto non ci sono ancora spiegazioni definitive.
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Ora è chiaro. Grazie.
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Grazie a te!
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